Sul patibolo di Piazza Mercato, il 12 dicembre 1799, saliva anche Nicola Fiorentino, nato a Pomarico il 3 aprile 1755. Suo padre, Giuseppe, era di Montalbano Jonico; sua madre, invece, era di Pomarico ed aveva nome Giulia Sisto. Presto la sua famiglia si trasferì a Montalbano Jonico. A dieci anni Nicola fu mandato a studiare nel seminario di Tricarico. A quattordici anni, vero e proprio genio, vinceva la cattedra di matematica presso il Liceo di L'Aquila; ma non poté assumere servizio, non avendo ancora compiuto i quindici anni richiesti per legge. Poco dopo si laureava a Bologna, in giurisprudenza. Fece presto una bella carriera di funzionario onesto e lealmente ligio alla monarchia. Fu, infatti, docente di matematica e filosofia razionale a Bari, poi Soprintendente agli studi della Regia Scuola, quindi Governatore in Calabria e Campania. Fu in questa veste che lo colse la rivoluzione del 1799. Bisogna perciò pensare che la sua adesione alla rivoluzione repubblicana sia avvenuta negli ultimi mesi sen non giorni, forse in coincidenza con la fuga del re e della regina, che abbandonavano vilmente Napoli e si rifugiavano in Sicilia. Nicola Fiorentino, uomo di sani princìpi, rigoroso burocrate e onesto funzionario di Stato, dovette vivere quella fuga come un tradimento, che lo autorizzava a passare dalla parte dei vincitori, fra i quali, del resto, si trovavano molti amici e colleghi di studio, fra i quali Francesco Lomonaco, suo parente, nativo di Montalbano Jonico. L'adesione al nuovo ordine avvenne con la composizione di un Inno a San Gennaro e, quindi, con un nobile appello Ai giovani cittadini studiosi, con cui Fiorentino invitava i giovani alla mobilitazione. Forse partendo dalla sua esperienza, invitava anche alla moderazione e alla comprensione per tutti quelli che, in precedenza, erano stati dalla parte della monarchia, purché non recidivi e onesti. Fondamentale, per Fiorentino, era l’educazione e, quindi, la scuola. Interessanti gli inviti dello stesso ad incrementare l’agricoltura, a istruire gli agricoltori in scuole apposite (prima idea di “cattedre ambulanti”), a creare nuove Università in provincia, a curare il risanamento igienico-sanitario degli abitanti, anche più piccoli, per esempio creando fognature. Per tal via si sarebbe invogliata la gente ad abbandonare Napoli e a rientrare nei propri paesi, evitando l’enormità di un mostruoso Regno macrocefalo, la cui popolazione, addensata inverosimilmente nella capitale, rendeva deserta la provincia e, con essa, le campagne. Erano idee che esigevano la presenza di una monarchia intelligente e liberale. Tale però, non fu quella di Ferdinando IV e di sua moglie, talché appare del tutto logico e naturale che Nicola Fiorentino, a quarantaquattro anni, facesse il salto verso il governo repubblicano. Logica e naturale, ovviamente, dal punto di vista della reazione del re e dei suoi ministri, fu anche la sua condanna a morte. Opere principali di Nicola Fiorentino sono: Princìpi di giurisprudenza criminale (1782), Istituzioni di pratica criminale (1785), Riflessioni sul Regno di Napoli (1794), Ragionamento su la tranquillità della Repubblica (1799), Saggio sulle quantità infinitesime e sulle forze vive e morte (senza data). Pomarico gli ha dedicato una strada, la stessa dove è la casa in cui nacque.